Friday, October 30, 2009

arancione




risotto con zucca mantovana e pere caramellate


riso vialone nano o carnaroli, tre manciate per commensale
mezza tazza di zucca mantovana, pulita e tagliata a cubetti, per ciascun commensale

burro e olio extravergine d'oliva

due dita di vino bianco per sfumare il riso
sale, pepe nero macinato fresco
noce moscata (incontournable)

foglie di salvia, senza esagerare
mezza pera commensale (a pasta soda e non troppo matura)

tre cucchiai di zucchero semolato


Di solito non faccio soffritto per i risotti, quindi: rosolare il riso in padella con metà olio e metà burro (le quantità sono lasciate al buon gusto e al buon senso), sfumare con vino bianco, aggiungere la zucca a cubetti e quindi iniziare ad aggiungere liquido caldo (il più delle volte io uso acqua calda, ma per chi vuole dare più "corpo": buon e onesto brodo), cuocere con il coperchio, con calma. Con i primi mestoli di liquido caldo salare, per dare il tempo a sale, riso e verdure di fare conoscenza.

A fine cottura, unire pepe nero di macinino e una sana grattatina di noce moscata, con poco burro e due cucchiai di parmigiano per la mantecatura finale.
Mentre il riso saggiamente riposa qualche minuto, in una padella antiaderente scaldare lo zucchero e le pere tagliate (meglio se a metà, buccia e i semi inclusi) a fiamma viva, adagiate in padella con la parte tagliata rivolta verso il basso. Fare caramellare il tutto.

Servire il riso, con una mezza pera adagiata sopra e la foglia di salvia.


Forse non dovrei dirlo, ma è proprio buono.

Monday, October 26, 2009

i frutti dimenticati di casola valsenio









Per chi tra i miei venticinque lettori, non avesse dimestichezza con le dolci colline di Romagna, Casola Valsenio ospita in autunno una sagra paesana dedicata ai frutti dimenticati:

"Oggi mangiare marroni, noci, nocciole, sorbe, giuggiole, corniole, mele da rosa, pere volpine, azzeruole, melagrane e così via, rappresenta un piacere del palato ed un recupero del patrimonio culturale e materiale del passato, a cominciare dalle abitudini alimentari che portavano a consumare quei frutti, conservati nei solai, nelle lunghe e fredde sere di veglia.
Frutti che aiutavano anche a combattere meglio il freddo dell’inverno grazie al loro potere calorico(...).
Questi frutti rappresentavano gli strumenti della sopravvivenza anche dal punto di vista psicologico: mettere al riparo nei grandi solai noci, avellane, mandorle, castagne, melegrane, nespole, pere, mele e sorbe, in attesa della maturazione o per la conservazione dava sicurezza e permetteva di affrontare l’inverno con la consapevolezza che, in ogni caso, c’era qualcosa da mangiare, così com’era o insieme al pane.
"